di Amelia Ippolito
In Abelardo riscontriamo il valore umano della ricerca che diventa, così, punto cardine della sua vicenda esistenziale e filosofica.
Questa sua passione per la verità resta come ferita nella sua stessa essenza lungo il percorso di uomo e di maestro, ma e’ proprio questa ferita di luce ad illuminare il suo tragitto, a renderlo più uomo, più vero e meno arido, ricco di scoperte di vita interiore inestimabili; scoperte che non si sarebbero rivelate a lui e a noi senza l’incontro con la sua Eloisa e con il suo stesso dolore.
Abelardo resta protagonista della sua storia di uomo perché la vive fino in fondo, senza risparmiarsi e senza eliminare nessuno dei fattori costituenti la realtà che vive con la sua disperata passione di stare al mondo, e ciò lo rende straordinariamente moderno, mai arido o chiuso in dottrine sterili e razionaliste, piuttosto il suo incontro amoroso con la stessa Eloisa e la rinuncia all’unico vero amore della sua vita, ce lo rende vibrante di vita e diverso dal prototipo di maestro e filosofo del medioevo.
Senza l’incontro con la sua allieva colta e sensibile, senza la ferita generata da una bellezza che lacera ma che al medesimo istante risana, questo filosofo della scolastica sarebbe rimasto chiuso nel suo metodo e giunto a noi con meno efficacia di come, invece, arriva adesso dritto al cuore dei suoi lettori moderni.
L’incrocio della sua vicenda amorosa e del suo percorso di studi fanno di lui un personaggio mai risolto, mai compiuto, ma proprio per questo aperto a noi e ferito con le nostre stesse intime ferite.
Accostarci ad Abelardo vuol dire, dunque, apprendere un metodo, capire la sua logica, comprendere il suo sic et non, ma anche scendere in una umanità che si rivela a noi tramite il suo dolore di uomo che lascia una scia di luce e di sapienza.
L’amore smisurato verso la logica, in Abelardo ci rivela anche il suo amore smisurato verso la ragione umana e la sua ricerca diventa così una ricerca razionalista che opera su testi tradizionali, ma per cercare sempre in essi una verità contestualizzata, mai astratta o fuori dal tempo, lontana dall’uomo.
La ragione diventa la via privilegiata per raggiungere sé stessi e Dio, in quanto primo lume naturale che non si può censurare o oltrepassare.
Qui è senza dubbio il fascino che ha esercitato la personalità di Abelardo sui suoi contemporanei e nei nostri giorni, l’efficacia del suo insegnamento sta nel suo spirito di ricerca che illumina la scolastica e la filosofia del Medioevo, nonostante le controversie e le persecuzioni che hanno reso difficile la sua esistenza di uomo e di maestro.
Egli ha incarnato lo spirito della ricerca, dell’esigenza della ragione umana, la sua sete e fame di verità, ma lo ha anche condotto ad essere fondatore del metodo scolastico.
Il suo schema fu quello della quaestio, che consiste nel partire da testi che danno soluzioni opposte dello stesso problema per giungere a delucidare in via puramente logica il problema stesso.
Questo metodo prevalse sull’intere scolastica e nei suoi testi come il Sic et non: tipica espressione del metodo di ricerca filosofica di Abelardo.
Infatti, Abelardo, precursore dell’università di Parigi e maestro indiscusso della filosofia medievale, ha conferito grande valore umano alla ragione rispetto all’autorità, al punto da affermare che anche la verità rivelata non è verità per l’uomo se quest’uomo non fa appello alla sua razionalità, se questa stessa verità non si lascia intendere e comprendere. Non si può amare ciò che non si conosce, sembra volerci dire Abelardo rispetto al mistero della fede e con quell’umano suo sforzo di cercare e di capire tipico dell’intelligenza umana. Questa stessa intelligenza, che Abelardo ha arricchito con il valore umano della sua storia e del suo incontro d’amore con Eloisa, è partita sempre dal dubbio mai scettico, ma accolto come stimolo costruttivo e metodico.
Certo, il mistero non va indagato, né interpretato, ma Abelardo con l’esigenza viva della sua ragione umana, ha dimostrato con umiltà la forza del suo cuore ferito, del suo corpo abusato, e la consapevolezza della sua fragilità. Questa consapevolezza di uomo alla ricerca è lontana dalla presunzione della ragione dell’uomo moderno che spesso identifica la ragione stessa con una misura esatta e razionalista, ma la consapevolezza di Abelardo deriva dall’assoluto pentimento dei suoi sbagli di uomo che rende così più vero il suo cammino di filosofo e il suo percorso di uomo, senza dualismi interiori o conflitti incompiuti, ma nella pacificazione di un’esistenza spesa per l’esigenza di felicità e di verità tipica del cuore umano.