di Alfonso Natale
«El rey ordenó a su visir que cada noche le llevara una virgen y cuando la noche había transcurrido mandaba que la matasen. Así estuvo haciendo durante tres años y en la ciudad no había ya ninguna doncella que pudiera servir para los asaltos de este cabalgador. Pero el visir tenía una hija de gran hermosura llamada Scheherazade… y era muy elocuente y daba gusto oírla…».
Il passo della cornice narrativa delle Mille e una notte che Isabel Allende pone come frontespizio della sua raccolta Cuentos de Eva Luna, opportunamente ritagliato, suscita nel lettore la suggestione del favoloso personaggio della principessa Shahrazad, giovane di grande bellezza e abile narratrice, capace di avvincere il destinatario con il piacere dell’ascolto.
La bella Shahrazad è opportunamente accostata dall’autrice cilena alla sua Eva Luna, l’eroina proveniente dai confini del mondo, figlia di una donna della foresta amazzonica e di un indiano dagli occhi gialli, nato nel punto di incontro di cento fiumi. Come Shahrazad, Eva conosce le storie di molte donne e molti uomini: quelle che nella sua prima infanzia le ha raccontato sua madre, avida lettrice; quelle che ha appreso nel corso della sua vita avventurosa, entrando in contatto con persone di ogni sorta e condizione; quelle che lei stessa, dotata di una fervida fantasia, inventa. Cresciuta nella solitudine di un salotto pieno di mummie, affidata poi alla tenutaria di un bordello, scappata in un villaggio nella foresta e più tardi ingiustamente accusata di omicidio, indotta dall’amore per un uomo ad affrontare la guerriglia sudamericana (dove trova però il vero amore in un giornalista austriaco), la risoluta Eva riesce a non farsi rattristare o abbattere dalle difficoltà che vive, e non perde mai la forza d’animo e il coraggio. Spesso le sue storie le consentono di superare con successo gli ostacoli della vita.
Manifestando lo stesso coraggio Shahrazad si fa sposare dal sanguinario Shahriyar, il sultano di Tartaria che, avendo in odio tutte le donne per il tradimento subito da parte della prima moglie, si fa portare ogni notte una vergine, la sposa e la fa uccidere la mattina dopo. Ma Shahrazad è sicura di sé e consapevole della sua forza, così è lei a rinfrancare suo padre, il gran visir che per tre anni ha procurato ogni notte una donna al sultano, e che in quel momento è costretto, per ottemperare all’efferato ordine, a scegliere fra le sue due figlie, le uniche ragazze rimaste: egli non deve temere di darla in sposa, perché la sua astuzia ha escogitato un piano e la sua abilità di rallegrare gli animi attraverso il racconto avrà ragione anche dell’odio ostinato e assurdamente smisurato dello sposo.
Shahrazad è un personaggio ben noto in Occidente grazie alle Mille e una notte, ma è nel mondo arabo che viene esaltata come un’intrepida eroina e una delle poche figure mitiche femminili. La sociologa marocchina Fatema Mernissi dichiara di essersi sorpresa, a suo tempo, nel constatare che per molti occidentali il personaggio non è nulla più che un’intrattenitrice amabile e ingenua, che abbigliata in favolose vesti racconterebbe storielle innocue. Shahrazad è invece «una stratega dal pensiero potente, che usa la sua conoscenza psicologica degli esseri umani per farli camminare più in fretta e saltare più in alto». Così la Mernissi, in La terrazza proibita, il suo scritto autobiografico ispirato alla sua infanzia nell’harem (la citazione è a p. 18, n. 4). La sagacia con cui Shahrazad interrompe la storia nel momento della sua massima suspense spinge il sultano a risparmiarle la vita per un altro giorno, al fine di conoscere il seguito del racconto. Ma lo stesso avviene una seconda notte, e poi una terza, una quarta, e così per mille e una notte. Alla fine il sultano si innamora di lei e cambia la sua opinione sul sesso femminile: come per miracolo, l’ascolto dei racconti della sua sposa hanno smussato e poi gradualmente fatto svanire il suo odio, hanno mitigato la sua crudeltà e la sua barbarie.
Ma come è avvenuto questo miracolo? Shahrazad con i suoi racconti non solo incanta e seduce il marito, ma lo apre a nuove prospettive, gli rivela nuovi mondi, gli schiude il punto di vista dell’altro; in questo modo cura, guarisce e addolcisce il sultano. Shahrazad percorre con la fantasia enormi distanze, divulga i fatti e i costumi di popoli vicini e lontani, scruta e comprende l’animo degli uomini e delle donne di ogni condizione: Shariyar arriva così a conoscere e poi a comprendere chi è diverso o lontano da lui e, mediante tale consapevolezza, a comprendere anche sé stesso.
Sembra lecito riconoscere nell’affabulazione seducente della persiana Shahrazad – e nella sua ‘gemella’ sudamericana Eva Luna – il simbolo della letteratura stessa (orale o scritta che sia). Shahrazad ed Eva Luna rappresentano la conoscenza e la sapienza che apprendiamo dai libri o, prima che i libri fossero inventati, dal canto della poesia. Come il sultano è mitigato dall’ascolto delle novelle della sua giovane sposa, così il consorzio degli umani è incivilito dalla conoscenza cui attinge per mezzo della narrazione[1]: essa trasmette il patrimonio di usi, saperi, esperienze, che contraddistingue l’essere umano nel suo hic et nunc, consentendo a ciascun uomo e a ciascun popolo di conoscere sé stesso.
Come Shahrazad parla di popoli e terre lontane, e come Eva Luna possiede l’empatia di chi sa ascoltare, la letteratura disvela mondi, dimensioni e punti di vista diversi, consente al lettore-uditore di arricchirsi come Shariyar, confrontandosi con chi è altro da sé e giungendo in questo modo a prendere coscienza di sé in modo dialettico, nel senso etimologico di dialogante. Con ciò si spiega la fierezza e l’audacia delle due narratrici, immagine dell’intraprendenza di chi ha la mente aperta e ricettiva nei confronti della realtà, priva dei pregiudizi che solo una comprensione profonda può sradicare.
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[1] In tale direzione sono orientati gli studi nell’ambito della psicologia sociale e cognitiva, che individuano nel pensiero narrativo (distinto ma non contrapposto a quello logico-matematico) lo strumento interpretativo e cognitivo dell’uomo in quanto essere sociale (Bruner).
Bibliografia essenziale
Isabel Allende, Eva Luna, Feltrinelli, Milano 1987.
Isabel Allende, Eva Luna racconta Feltrinelli, Milano 1990.
Fatema Mernissi, La terrazza proibita. Vita nell’harem, Giunti, Firenze-Milano 1996.