di Giuseppe Avigliano
Sono seduto, al tavolo. Penso che fra qualche ora Alessia ed io saremo in viaggio. Che trapasseremo – sì, è questo il termine giusto: trapasseremo! – la normalità dei giorni abituali per entrare in una dimensione altra: quella del viaggio.
Succederà non appena avremo chiuso a chiave la porta di casa. Ripeterò a mente tutte le ultime azioni: hai chiuso il gas? E l’acqua? Lo scaldabagno! Hai staccato la presa? Ripeterò tutte queste formule, come il bambino che ripete le tabelline: so di avere fatto tutto, ma una premura ancestrale mi impone di chiedermi ancora: l’hai fatto?
Il percorso da casa alla stazione sarà una successione di passi. Ho bisogno di legarmi alla materialità delle cose per mantenermi attento a ciò che mi sta intorno. E finché non saremo partiti davvero voglio indugiare nel mentre che va dal pragmatismo di questi momenti alla spensieratezza del futuro ormai già prossimo.
Abbiamo portato con noi una busta piena di biglietti – treni, bus, alberghi -, zaini carichi di ciò che servirà, scarpe comode e qualche libro. Siamo pronti – o quasi.
Ricordo di aver letto da qualche parte, in Proust, che la più avventurosa delle tante vite che viviamo è quella intellettuale. Che ci si spalanchino le porte dell’intellettualità, caro Proust! Gli stimoli non ci mancheranno: stiamo partendo per cinque città impegnative e un evento internazionale: domani saremo a Firenze, poi Venezia, Trieste, Lubiana, Milano. Expo. Tutto nell’arco perfetto di una settimana: da questo lunedì sera caldo e falsamente ventoso, al prossimo.
Mi fermo qui, per ora. Avrei voluto scrivere di più, ma siamo già entrati nella fase Chiudi il gas, l’acqua e vattelapesca.
Tutte le poesie di Edoardo Sanguineti terminano con un punto e virgola. Era un modo per mantenere il discorso aperto, per dire: ok, ho finito per ora, ma ricomincio presto. Lascio anche io il punto e virgola. Mi piace pensare che appena ne avrò il tempo e la voglia possa ritornare su questo post e continuare il racconto;
Parto anche’iooooo!