di Giuseppe Avigliano
Il Cinquecento è un secolo di astrologi ed alchimisti, caratterizzato dalla ricerca della pietra filosofale, da esperimenti e formule magiche. Convivono nello stesso periodo il mondo della superstizione e ciarlataneria con il mondo intellettuale, e questi due mondi spesso vengono in contatto negli stessi ambienti, nelle stesse stanze. Da questo scontro, in qualche modo, nasce la scienza moderna. Basti pensare al fatto che illustri intellettuali del tempo non sono per niente estranei a forme di eterodossia: Galileo Galilei vende oroscopi, Torquato Tasso crede fermamente alla possibilità di ascoltare messaggi da altri mondi, Giordano Bruno chiede sovvenzioni promettendo, in cambio, di conferire conoscenze arcane.
Johann Georg Faust non sappiamo con certezza quando nasce. Forse nel 1480. Ma non è da scartare l’ipotesi che sia nato nei primi anni del sedicesimo secolo. Egli si vanta di poter ricostruire le opere perdute di Platone e Aristotele, di ripetere i miracoli di Gesù, di superare l’arte degli alchimisti. Confida al noto umanista Filippo Melantone di aver favorito le vittorie imperiali in Italia e di aver compiuto un volo magico sino a Venezia. Pare che commentando Omero a Erfurt abbia fatto apparire alcuni eroi davanti all’uditorio studentesco. Una cosa è certa: era andato lasciando debiti per ogni dove e cadde in miseria. Una cronaca del conte Von Zimmern del 1564-66 ci informa del fatto che Faust sia deceduto in età avanzata di morte non naturale, in un paese della Bresgovia, presso Staufen, nel 1540 o ’41. Il suo corpo fu trovato in condizioni pietose.
Mi piace ripercorrere brevemente la storia della letteratura attraverso l’opera mondo Faust. Mi rendo conto dell’impossibilità di una classificazione definitiva, della non facile reperibilità di citazioni nascoste e allusioni difficilmente interpretabili ad un veloce sfoglio di opere inerenti il Faust, tuttavia credo sia utile stilare un elenco di libri che hanno accompagnato la figura di Georg Faust nel percorso che lo ha visto passare dalla storia al mito.
La formazione del mito.
A partire dal 1570 – ossia dopo circa trenta anni dalla sua presunta morte – cominciarono a diffondersi stampe che narravano le gesta di Faust. Nel 1587, Johann Spiess pubblicò il primo Faustbuch, la Historia von D. Johann Fausten, in 69 capitoli[1]. Fu il primo libro ed anche quello che fissò i tratti essenziali che nei secoli successivi saranno reinterpretati da numerosi scrittori ed artisti vari. Il libro dello Spiess ottenne un gran successo, provato dalle cinque ristampe dell’opera e dalle numerose nuove edizioni accresciute e rifatte.
Segue una versione più ampia di Georg Widmann nel 1599 e sulla falsa riga di quest’ultima nel 1674 Nikolaus Pfitzer pubblica il suo Faust introducendo, per la prima volta in assoluto, l’amore per una ragazza piuttosto bella ma povera, primo accenno alla futura Margherita.
Nel 1589, in Inghilterra, Christopher Marlowe pubblica The tragical history of Doctor Faustus[2]. Il dramma segue nei particolari le vicende narrate dallo Spiess. La rievocazione di Elena ed il suo bacio dovrebbero ricompensare Faustus del cielo che ha voluto perdere. Faust assume le sembianze di un personaggio di misura titanica, paragonabile al solipsismo degli eroi tragici di Sofocle. La versione teatrale del drammaturgo elisabettiano si presterà ad una corruzione comica, marionettesca, della vicenda, tramite l’inserzione di scene divertenti e sorprendenti macchinazioni sceniche. Goethe poté assistere alla messa in scena dell’opera, a circa venti anni, in quel di Francoforte o Strasburgo.
Il conflitto tra immaginazione e realtà è il tema cogente nel Faust di Marlowe, un dualismo che trova una chiara corrispondenza nella dottrina di Origene – formulata nella seconda metà del terzo secolo – che configura il male connotandolo in senso privativo, cioè come negazione dell’essere: malum est non ens. Il male, in definitiva, è la privazione della realtà. E’ la scelta dell’ombra, piuttosto che della sostanza. Quando Faust sceglie di essere uno spirito per trascendere la limitatezza dell’uomo, egli diventerà uno spettro, l’ombra di sé stesso. Il controllo magico della natura, che tanto desiderava, si riduce a trucchi e scherzi tutto sommato inutili e banali. Anche Marlowe, come Goethe, per riscrivere il Faust si rifà al Volksbuch del 1587, tuttavia due mondi diversi separano i due grandi autori: gli ultimi bagliori del rinascimento connotano il Faust di Marlowe, lo spirito del romanticismo quello di Goethe.
Nel 1725 compare un libretto firmato da Christliche Meynender – un chiaro pseudonimo che sta per “uno che la pensa da cristiano” – in cui si legge un primo giudizio critico sulla leggenda faustiana. Si suppone che Goethe abbia letto questo libretto quando era poco più che un bambino.
Nel 1786 sono pubblicati gli inediti teatrali di Gotthold Ephraim Lessing, e viene fuori un frammento teatrale sulla vicenda del Faust. Lessing, figlio del movimento illuminista, scioglie il nodo faustiano con l’impossibilità da parte di Satana di sconfiggere l’umanità e la scienza. Egli è il primo a non condannare Faust per la sua sete di conoscenza. Questa nuova, rivoluzionaria visione influenzerà il dramma di Goethe, che termina, difatti, con la salvezza del protagonista.
Vale la pena accennare alla questione critica <>. Grande pagano il primo, cattolico per antonomasia il secondo: un nodo riguardante il Faust li unisce. Una delle leggende che in modo piuttosto misterioso confluirono nel mito del Faust è quella di San Cipriano e Santa Giustina. Da ciò Pedro Calderòn trasse uno dei suoi drammi migliori, El màgico prodigioso[3].
L’azione si svolge ad Antiochia nel terzo secolo. Cipriano è un dotto pagano che conduce in solitudine una profonda riflessione sulle divinità. Quando sta per comprendere che gli dèi sono falsi e che deve esservi solo un dio, gli si fa incontro il demonio, il quale per distoglierlo dagli studi gli propina degli interessi mondani. Cipriano si innamora di una bella fanciulla, Giustina, e per conquistarla vende l’anima al diavolo per un anno. Giustina resiste alla seduzione di Cipriano, rifugiandosi nella preghiera di un dio a lui sconosciuto, quello dei cristiani. Alla fine del dramma, Giustina viene condannata al patibolo a causa delle persecuzioni anti-cristiane ed in questa circostanza induce Cipriano a convertirsi alla sua religione. I due vengono giustiziati insieme, ma uno spettacolare cataclisma manifesta la loro entrata nel regno dei cieli.
Le affinità con la storia di Faust sono evidenti. Lo stesso Goethe, dopo aver letto una traduzione tedesca del dramma, scrisse: “E’ il soggetto del dott. Faust, trattato con un’incredibile grandezza.”[4] E’ difficile escludere che la lettura del Mago prodigioso abbia influito sul finale del Faust II, dove, contrariamente alla dannazione prevista dalla fonte cinquecentesca, Faust è innalzato al cielo insieme a Gretchen.
Al 1829 risale la pubblicazione di una tragedia di particolare interesse, Don Giovanni e Faust di Christian Dietrich Grabbe[5]. Un autore tedesco poco studiato, che mette in scena un serrato confronto fra due miti letterari paradigmatici del vecchio continente: Faust incarna le sembianze dell’uomo nordico, chiuso in sé, che brama la conoscenza ed il potere e Don Giovanni, estroverso e libertino, rappresenta lo spirito dei popoli meridionali.
Scritto negli anni trenta del diciannovesimo secolo, il Faust di Nikolaus Lenau, invece, rappresenta uno dei vertici poetici del nichilismo europeo. Nel delicato momento post rivoluzione francese l’opera presenta la lacerazione contemporanea di un’Europa abbandonata da qualsiasi certezza ed avvolta in un pessimismo universale, che trasforma in condanna esistenziale l’antico valore della conoscenza. Il percorso che Faust compie alla ricerca del significato dell’esistenza, accompagnato dall’ingannevole Mefistofele, lo porta a scoprire il vuoto totale, e di conseguenza a sentirsi scisso da Dio, percepito come una potenza malvagia. Faust arriverà dunque al suicidio.
[1] J.SPIESS, Storia del Dottor Faust, ben noto mago e negromante, Milano, Garzanti, 2006
[2] Per la versione italiana, cfr. C.MARLOWE, Il dottor Faust, Milano, Mondadori, 2004.
[3] CALDERON DE LA BARCA, Il mago dei prodigi, Torino, Einaudi, 2003.
[4] Nel 1881 la Reale Accademia Storica spagnola bandì un concorso per cercare di risolvere la questione “Goethe e Calderon”. Il concorso fu vinto da Antonio Sanchez Moguel, il quale concluse – approssimativamente, diremmo noi anacronisticamente – che il Faust di Goethe è assolutamente indipendente dal Màgico.
[5] Cfr. Grabbe Christian D., Teatro. Don Giovanni e Faust – Annibale, Genova, Costa & Nolan, 1997.