di Francesca Ielpo
Elif Shafak, scrittrice turca, spolpa i luoghi comuni e descrive, anche in inglese, le ambiguità e contraddittorietà turche. Scrittrice interessata alle tematiche di genere, culturali, storiche e politiche si impone come una delle autrici più vendute in Turchia.
Nel 2006 scrive The Bastard of Istanbul[1] e viene accusata di attacco all’identità turca in quanto, romanzo-antipatriottico, parla di genocidio degli Armeni.
Cannella, Ceci, Zucchero, Vaniglia, Pistacchi, Grano, Pinoli, Mandorle, Albicocche secche e tanti altri fino a Cianuro di potassio: in ogni capitolo cibo, famiglia, affetti e… morte.
Zeliha è la ragazza che rompe le tradizioni famigliari: non è sposata, è incinta, non ce la fa ad abortire.
Per di più esce in minigonna e tacchi alti, e bestemmia, impreca, corre, è una tatuatrice. Non è la ragazza turca che tutti si aspettano. Ma non per questo nonna, Petite-Ma, madre, Gülsüm, e sorelle, Cevriye, Feride, Banu, non amano lei e sua figlia, Asya, “la bastarda”, che chiama sua madre “zia”, come la maggior parte delle donne della famiglia Kazancı. Gli uomini sono tutti morti, eccetto il figlio di Gülsüm, Mustafa, il fratello dio-maschio, adorato e viziato, che dopo l’America non vuole tornare. Il dio-maschio vive ora con Rosie, un’americana divorziata da un armeno, con una figlia alle spalle, che decide di unirsi a un uomo turco inizialmente per rivalsa alla famiglia armena dell’ex marito.
Armanoush , la figlia di Rosie, ragazza intelligente e curiosa, si appassiona alla questione turco-armena e ai massacri che si sono succeduti: vuole capire le ragioni e le pene di entrambe le parti. Così decide di partire, di nascosto da tutti, per Istanbul , dove sarà ospite della sua nuova famiglia turca.
Attraverso le parole di Asya e Armanoush, Elif Shafak porta avanti un confronto culturale che solo la nuova generazione è in grado di gestire con l’intelletto, fuori da ogni di tipo di stereotipo. Conversazioni quotidiane, intime, al bar Kundera, per le vie della città ladra di meraviglie, le fanno scoprire, più che simili, unite.
Madre America e Mustafa scoprono che la ragazza è in Turchia e decidono di raggiungerla per riportarla a casa. Qui la tensione aumenta: Zeliha si infastidisce alla notizia del ritorno del fratello e di nuovo, dopo l’incipit, è nella messa a fuoco del libro. Zia Banu, chiaroveggente, capisce tutto. Succedono magie e Mustafa muore in quella casa, la sua casa d’infanzia, dove un incesto anni fa è stato compiuto: ecco il perché del cianuro dopo tante delizie.
Cosa manca in questo libro? Apparentemente leggero, include tutte le questioni che riguardano una nazione tanto complessa. Lo fa attraverso le donne del libro, che forniscono un ritratto preciso e diverso della Istanbul di oggi. Zeliha bestemmia e soffre e ama allo stremo, Banu chiama i jinn, i diavoli dei musulmani, Asya scopre l’amore e le controtendenze culturali, Armanoush è persa nelle tradizioni e cerca di capire in che direzione deve pensare.
Trapelano da chat questioni politiche e storiche, familiari; si descrivono attraverso cibo e conversazioni a colazione innumerevoli tradizioni e ci si trova immersi negli intangibili obblighi di ospitalità.
L’unica presenza maschile è negativa, le donne decidono, creano, modellano in una Turchia che cerca spesso di spingerle ai confini delle cose rilevanti. La potenza creativa di Elif Shafak è tragica, a lei piace scrivere di creature nate dalla pioggia: pioggia all’apertura, pioggia alla chiusura del libro.
“Non maledire ciò che viene dal cielo. Inclusa la pioggia. Non importa cosa ti precipiti addosso, non importa quanto violento il nubifragio o gelida la grandine: non rifiutare quello che il cielo ti manda. Lo sanno tutti. Inclusa Zeliha”.
Libri così ce ne sarebbero da scrivere. Ora più che mai, per porre davanti agli occhi dei più verità rivelatrici che sfuggono dalle prese di coscienza a causa di un’informazione manipolatrice e di una conoscenza pigra. Ammettere il genocidio degli armeni è motivo di arresto, il problema curdo si ingigantisce. E l’Isis? La quotidianità ancora non risente di tutto ciò (tranquilli potete venire in vacanza a Istanbul) e dopo gli scoppi delle bombe sembra che nessuno abbia voglia di raccontare. Per ora.
[1] La bastarda di Istanbul, traduzione di Laura Prandino, Rizzoli, pp. 388, € 9,90