di Giuseppe Avigliano
È stata una rivoluzione di Pirro. Potremmo dire così, parafrasando le parole di Tullio de Mauro, presidente del Comitato direttivo del Premio Strega, che parla di rivoluzione in merito al nuovo sistema di voto del Premio.
Quest’anno per la prima volta i 460 giurati hanno avuto la possibilità di esprimere tre voti – anziché uno – fra i dodici titoli selezionati.
L’operazione anticorruzione nel Premio Strega ha funzionato. Ma solo a metà. È chiaro che dei 460 giurati, una buona porzione è fortemente influenzata dai grandi gruppi editoriali.
Con le tre preferenze, gli elettori hanno avuto a disposizione un più largo ventaglio di possibilità: ma è il concetto di base che è sbagliato. Il comitato ha proposto la possibilità di esprimere i tre voti perché conscio del fatto che il primo – e forse anche il secondo – sono impegnati. Lo scarto di libertà si pronuncia tutto sul terzo voto, dunque. E per il comitato va bene così.
I numeri confermano questa analisi.
La cinquina
Il gruppo Mondadori – Golia ostinato di questa manifestazione letteraria – arriva in cinquina con due titoli: la Ferocia di Nicola la Gioia (Einaudi) e Chi manda le onde di Fabio Genovesi (Mondadori). Se La Gioia ha tutte le carte per rappresentare la migliore letteratura italiana, con un romanzo potente, di ricerca letteraria, e con una costruzione narrativa ben elaborata, lo stesso non può dirsi per Genovesi, che si prepara a fare da “sgabello” alla vittoria finale di La Gioia.
Al secondo posto La sposa di Mauro Covacich conferma l’altrettanto caparbia influenza del gruppo RCS. È un libro di racconti, ed è ben noto l’interesse che il pubblico di lettori italiano riserva ai racconti. All’improvviso, invece, attraverso il filtro bucato del Premio Strega una raccolta di racconti nemmeno tanto entusiasmate diventa il secondo libro più votato dai lettori. Chapeau a Covacich! Ma non ce ne voglia se proprio non ci crediamo che il suo libro sia piaciuto così tanto.
Dicevamo: su tre voti lo scarto di libertà del giurato si manifesta tutto sull’ultima preferenza. È grazie a quei terzi voti che arrivano in cinquina due belle realtà letterarie come Elena Ferrante e Marco Santagata.
Il successo di Elena Ferrante rappresenta un unicum nel panorama letterario. Scrittrice (o scrittore) sconosciuta, pubblicata da una piccola casa editrice indipendente – la e/o di Roma – Ferrante ha riscosso un enorme successo con la tetralogia de L’amica geniale. Successo di ritorno, si potrebbe dire, diventando autrice cult della letteratura italiana dapprima negli Stati Uniti, e poi in Italia.
Merito dell’ottima strategia di marketing dell’editore, che dal 2005 ha aperto una seconda casa editrice a New York, la “Europa Editions”. In questo modo e/o ha tradotto in inglese i suoi autori e li fa conoscere ai lettori americani riscuotendo grande successo.
Infine Marco Santagata, con Come donna innamorata (Guanda). Santagata è fra i più noti studiosi di Dante in Italia e nel mondo. Da poco ha pubblicato una biografia definitiva su Dante ed un ottimo lavoro di ricerca su Petrarca. Non è nuovo al mondo dei premi letterari. Ha già vinto il Campiello nel 2003 con Il maestro dei santi pallidi.
Gli altri
Un libro che rimane ingiustamente fuori – seppure sia riuscito ad ottenere non pochi voti – è il bellissimo Il genio dell’abbandono di Wanda Marasco. Il racconto della vita di un grande scultore napoletano, Vincenzo Gemito, si intreccia con la realtà storica degli inizi del Novecento. Neri Pozza conferma, con questo titolo, di costruire nel suo catalogo una delle migliori proposte editoriali del panorama italiano.
È fuori anche Vinicio Capossela, con Il paese dei coppoloni. Feltrinelli è l’editore che ne esce peggio. Il libro di Capossela è un ottimo esperimento, che fa i conti con le periferie della cultura popolare, va a scavare la poca polvere che separa la sfrenata modernità e la lentezza di un mondo vecchio, ma non ancora superato. Chissà se l’editore non abbia rimpianto di non aver partecipato allo Strega con il gioiellino di casa, Marco Missiroli e il suo Atti osceni in luogo privato. Il romanzo sta riscuotendo un ottimo successo in termini di vendite ma a una prima lettura mi si è rivelato nient’altro che l’ennesima parodia malriuscita di Philip Roth.
Onore ai giovani editori di Neo, che con XXI Secolo di Paolo Zardi hanno offerto uno spunto di vitalità ad un Premio sempre più decadente. Bello anche il romanzo proposto da Manni, Se mi cerchi non ci sono di Marina Mizzau. Il fumetto di Zerocalcare, invece, si ritaglia il suo spazio di notorietà e apre la strada ad una partecipazione sempre più importante dei fumetti nel mondo della letteratura non di genere.
Prima fra gli esclusi Clara Sereni con Via Ripetta 155 (Giunti), che racconta un pezzo di storia italiana visto dalle serrande della casa dell’autrice. Ultimo in classifica, Vins Gallico e l’irriverente Final cut (Fandango).
Voti
Nicola Lagioia, La ferocia |
182 |
Mauro Covacich, La sposa | 157 |
Elena Ferrante, Storia della bambina perduta | 140 |
Fabio Genovesi, Chi manda le onde | 123 |
Marco Santagata, Come donna innamorata | 119 |
Clara Sereni, Via Ripetta 155 | 104 |
Wanda Marasco, Il genio dell’abbandono | 93 |
Zerocalcare, Dimentica il mio nome | 70 |
Marina Mizzau, Se mi cerchi non ci sono | 66 |
Vinicio Capossela, Il paese dei coppoloni | 59 |
Paolo Zardi, XXI Secolo | 50 |
Vins Gallico, Final Cut | 43 |