di Consuelo Peruzzo
Il Festival letterario Folio 2016 si è concluso domenica 2 Ottobre a Óbidos, una deliziosa città portoghese circondata da mura medievali e famosa per la ginja, un liquore all’amarena servito in una tazzina di cioccolato. La storia di come la “città della ginja” è diventata anche la “città del libro”, per via di un libraio sovversivo che è convinto come noi che i libri sono dei #pontiostinati , l’ha già raccontata il blog Sosteniamo Pereira e vi rimandiamo a questo link se volete scoprirla. Su Caffè Orchideapubblichiamo invece gli articoli di due nostri collaboratori, Luca Onesti e Consuelo Peruzzo, che hanno seguito il Festival dal 22 settembre al 2 ottobre e ci propongono spunti e riflessioni su qualcuno dei tanti eventi che hanno seguito.
______
Sono andata alla conferenza con grande interesse, data la mia stima per uno dei relatori, il brasiliano Miguel Sanches Neto. Ne sono tornata soddisfatta e arricchita, con il proposito di approfondire la conoscenza degli altri due relatori, i portoghesi Pedro Mexia e João Pedro George.
La conferenza fra i tre scrittori e critici letterari è stata moderata da José Mário Silva, giornalista dell’Expresso, che ha avviato il dibattito con la seguente domanda: la critica letteraria, oggi, gode di buona salute o rischia un vero e proprio collasso?
Pedro Mexia ha risposto alla domanda affermando che la crisi della critica si è determinata quando è venuta meno la figura del mandarim cultural, colui che parlava al pubblico di ciò che era ancora sconosciuto. Oggi invece, poiché tutti abbiamo libero accesso alle offerte letterarie e siamo liberi di divulgare le nostre opinioni, una simile figura non è più necessaria. Peraltro è proprio grazie a questa libertà di circolazione che si stabilisce il successo di un libro: più “stelle” riceve un romanzo, ad esempio, più esso è consigliato. Così nei giornali la critica letteraria riceve sempre meno spazio, riducendosi quasi a guida per l’acquisto.
João Pedro George ribatte dicendo che, oltre al venir meno del mandarim cultural, la crisi è determinata anche dalla perdita di importanza dei giornali rispetto ai nuovi canali di comunicazione. La critica presenta sé stessa costantemente in crisi, dichiarando un’eutanasia di sé, ma in realtà, in questo momento storico, essa è viva proprio grazie alla rete, che ha esteso a tutti la possibilità e il diritto di esprimere opinioni anche molto interessanti, e di discuterne. Il problema fondamentale sta nel distinguere tra alta e bassa cultura, e nel valutare giudizi e recensioni in modo consapevole, senza lasciarsi trasportare dal gusto della massa. Perciò, secondo João Pedro George, ci troviamo di fronte ad una decentralizzazione della critica e non ad un collasso.
Al ruolo rivestito dai giornali si riallaccia Miguel Sanchez Neto, che definisce il collasso della critica letteraria apocalittico. Lui da diversi anni ha desistito dal fare critica sui giornali, sia perché non veniva più pagato, sia per la consistente riduzione di spazio che gli veniva imposta. Quando iniziò la sua carriera come critico, invece, non aveva alcuna limitazione, né di spazio né di parole. A riguardo cita la profezia di Michel Foucalt tratta dal saggio Che cos´è un autore: «In un futuro ci sarà solo un mormorio di molte persone che parleranno allo stesso tempo». È esattamente ciò che stiamo vivendo oggi, con un moltiplicarsi di piccoli critici che determinano il successo o il fracasso di un libro. Nel Brasile di oggi, mentre la critica sui giornali viene soffocata, proliferano i blog letterari, spesso tenuti da adolescenti, con critiche estremamente impressionistiche e di gusto personale, ma che rappresentano uno spazio di sostentamento e promozione dei libri. Un altro spazio importante sono gli eventi e le conferenze grazie al contatto diretto con il pubblico. Stiamo vivendo quindi una situazione abbastanza strana: da un lato la fine di un modello di critica, l’eliminazione dello spazio critico, dall’altro un aumento d’interesse per la letteratura, dovuto alla continua nascita di blog e pagine personali.
Secondo Miguel Sanchez Neto ciò che la critica dovrebbe fare è segnare il cammino ai lettori; questa funzione oggi è svolta dai siti di ecommerce in cui, quando si cercano informazioni su di un libro, appaiono anche i titoli che hanno interessato chi ha acquistato quel libro. Tale sistema è una procedura automatica, ma ci dà delle indicazione sui tipi di lettori e su ciò che li accomuna.
Per Pedro Mexia il problema di questo mondo digitale è che non ci sono filtri: mentre i giornali che scrivono di letteratura o fanno critica letteraria sono in qualche modo soggetti ad una revisione, i blog che scrivono di letteratura sono incontrollabili. Ci sono persone che parlano e scrivono di libri, ma non fanno necessariamente critica.
João Pedro afferma che la trasformazione della critica è dovuta molto all’impatto che l’industria culturale ha avuto sui giornali: spesso infatti le terze pagine dei giornali mirano a soddisfare tale industria, parlando in modo positivo di alcuni libri e scrittori a discapito di altri. In questo modo i giornali sembrano andare dietro a ciò che gli altri propongono, senza spingere i critici ad esprimere le loro idee.
L’ultima domanda posta ai tre è: che cos’è l’utopia in campo letterario? Per Pedro Mexia e per Miguel Sanchez Neto l’utopia è poter scrivere senza limiti di spazio, non essere condannati alla repressione a causa dell’impaginazione e della grafica. Il sovversivo João Pedro preferisce parlare di distopia, affermando che vorrebbe critici più coraggiosi, che si assumano la responsabilità di essere odiati. È molto pericoloso pensare che la critica possa essere una scuola perché non è il suo ruolo. Una critica è il tentativo di tradurre ciò che un testo trasmette. Miguel Sanchez Neto conclude affermando che la critica deve creare un appetito nel lettore e creare un cammino, aiutandolo ad affrontare il testo che si troverà davanti.
*Si ringrazia Vanessa Marques per la fotografia.